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Il trapianto di polmone rappresenta oggi una valida opzione terapeutica per pazienti affetti da malattie polmonari end-stage non più responsive ad una terapia medica ottimale e che non possono essere efficacemente trattate con una terapia chirurgica conservativa. Possono essere valutati per l'inserimento in lista, quei pazienti la cui funzione polmonare sia alterata e che presentino una compromissione funzionale di classe III o IV secondo la scala della New York Heart Association. Le principali patologie che possono trarre beneficio dal trapianto polmonare sono la fibrosi polmonare idiopatica, la fibrosi cistica, l’ipertensione polmonare e l’enfisema polmonare; la Società Internazionale di Trapianto Polmonare e Cardiaco (ISHLT) ha redatto le linee guida per il timing dell’invio dei pazienti ai Centri Trapianto e per la valutazione dell’idoneità per l’inserimento in lista.
Le più comuni complicanze osservabili nel follow-up post-trapianto sono il rigetto e le infezioni. Spesso la diagnosi differenziale tra le due entità è ardua poiché possono presentare un corteo sintomatologico, un quadro radiologico e funzionale sovrapponibile, tanto che una differenziazione tra i due quadri è possibile solo nel 50% dei casi ed è perciò necessario ricorrere alla biopsia transbronchiale (TBB). Tale metodica è oggi considerata il gold standard nella diagnosi di rigetto polmonare acuto. Le complicanze infettive sono molto frequenti, almeno in misura doppia rispetto agli altri tipi di trapianto. I motivi alla base di tale alta incidenza è da ricercare nella natura stessa dell’organo, perennemente a contatto con l’ambiente esterno, all’abolizione del riflesso della tosse e della clearance muco ciliare. Inoltre la suscettibilità alle infezioni è aumentata per l’utilizzo di farmaci immunosoppressori indispensabili per la tolleranza del graft da parte del ricevente.
Alla base del rigetto acuto c’è il corretto funzionamento del sistema immunitario del ricevente. Infatti, nonostante le terapie immunosoppressive, in alcuni casi si assiste all’aggressione dell’organo trapiantato da parte delle normali difese immunitarie. La terapia di questi episodi si basa sull’uso di potenti immunosoppressori, primi tra tutti i corticosteroidi.
Il rigetto cronico sottende, a livello istologico, a un quadro noto come bronchiolite obliterante (bronchiolitis obliterative syndrome, BOS), che consiste in un processo infiammatorio a carico delle vie aeree distali e si traduce clinicamente in un decadimento del FEV1 non responsivo ai farmaci broncodilatatori. Diversi studi hanno messo in relazione la percentuale di neutrofili nel lavaggio broncoalveolare (BAL) con la presenza e il grado di BOS ed hanno proposto l’utilizzo di Azitromicina (N-BOS) per la sua prevenzione e cura. Recentemente è stata inoltre evidenziata l'esistenza di una forma di rigetto cronico che si manifesta con un pattern restrittivo alle prove di funzionaità respiratoria che è stata denominata restrictive allograft syndrome (RAS). In base a queste evidenze nel 2010 è stata proposta l'introduzione della generica definizione di chronic lung allograft dysfunction (CLAD), all'interno della quale fare rientrare entrambe le forme di rigetto cronico (BOS, N-BOS e RAS).